Coniugare comportamenti etici all’interno del contesto aziendale è certamente uno dei temi attualmente più dibattuti, per molteplici ragioni, che sarebbe piuttosto lungo elencare: per molti decenni la maggior parte delle imprese ha visto il profitto come l’unico scopo della propria esistenza, eppure c’erano già stati segnali molto forti che la strada da seguire era un’altra.
Se negli anni del dopoguerra era “normale” sfruttare i lavoratori, c’è stato un imprenditore illuminato che ha dimostrato l’efficacia dell’approccio opposto, con risultati di business e qualità del lavoro che parlavano da soli: stiamo parlando di Adriano Olivetti, che non solo considerava fondamentale il benessere dei lavoratori ma credeva nell’importanza della comunità come forma di autogoverno. L’azienda Olivetti ha saputo promuovere un’organizzazione del lavoro che prevedeva servizi, convenzioni, come pure formazione e occasioni di crescita, con un’idea di felicità collettiva che generava efficienza.
Fa piacere che, più recentemente, la Olivetti che fa parte oggi del Gruppo TIM, si sia trasformata in società benefit, richiamandosi a quel DNA etico identitario che un tempo la caratterizzava.
Sempre in quegli anni il matematico John Nash, futuro premio Nobel per l’economia reso celebre dal film “A beautiful mind”, dichiarava che se un’azione del singolo porta dei benefici al gruppo di cui fa parte, allora quella è la strada corretta da seguire: c’è infatti il giusto equilibrio nella collaborazione reciproca. I suoi studi hanno dimostrato la correttezza di tale approccio etico, dove il miglior risultato si raggiunge quando ciascun elemento fa ciò che è meglio sia per sé stesso che per il gruppo.
Fu poi nel 1976 che venne definito il termine “Business Ethics” dal ricercatore ed economista americano Mike Hoffman: in quell’anno organizzò presso la Bentley University la prima conferenza in cui si parlava di etica degli affari. In quell’occasione vi parteciparono diversi accademici, dirigenti d’impresa, come pure leader di governo: il suo obiettivo era quello di definire una sorta di codice comportamentale per tutti i manager.
La sostenibilità come tema strategico
Oggi, come accennato all’inizio, ci troviamo tutti di fronte a una maturità che è cresciuta, anche perché ci sono altri elementi che vanno presi in considerazione. La sostenibilità non è più una questione prevalentemente etica e volontaristica, ma sta guidando a ripensare le finalità di un’impresa in senso più ampio, come parte di una strategia globale.
Per un’azienda operare senza danneggiare l’ambiente circostante non è più soltanto un’esigenza imprescindibile, che doveva essere soddisfatta già da tempo: agire in tal senso è frutto di una consapevolezza che abbiamo un pianeta da preservare, o meglio da curare, se non vogliamo che imploda.
Però non è sufficiente concentrarsi solo sull’ambiente, ovvero sulla “E” di ESG (Environmental, Social and Governance), bisogna puntare sempre di più sulla “S”: a mio avviso è opportuno ricordarsi che l’uomo qui sulla terra è un ospite e, se non vogliamo perdere i benefici che abbiamo raggiunto, è un dovere per ognuno comportarsi in maniera corretta. E dato che le aziende sono fatte da persone, anch’esse hanno tale responsabilità.
Non è un caso, infatti, che si stia sempre più ribadendo il concetto di Sostenibilità Sociale d’Impresa, sottolineando come il ruolo delle aziende sia appunto cruciale per attuare miglioramenti concreti nella vita delle persone, intesi tanto come dipendenti che come collettività.
L’attenzione alle persone al primo posto
Nel nostro piccolo cerchiamo di fare alcuni passi concreti per migliorare il benessere delle nostre persone, attivando alcune azioni per accrescere il welfare dei dipendenti rispetto a quanto già previsto nei contratti collettivi. Abbiamo messo a disposizione dei dipendenti una palestra dove fare sport o rilassarsi, proponiamo un pacchetto assicurativo convenzionato, curiamo gli aspetti alimentari, a partire dalla nostra stessa mensa. Lo stesso vale per i piani di crescita e di formazione del personale, andando oltre quanto previsto dagli obblighi normativi; in definitiva cerchiamo di favorire il migliore contesto lavorativo, sia in presenza che da remoto. Con una attenzione in più per coloro che hanno bambini piccoli o vivono periodi di qualche criticità.
Analogamente ci siamo mossi verso un efficientamento energetico, operando per prevenire l’inquinamento, dove possibile: in particolare con la riduzione dei consumi di acqua, di plastica, dell’uso della carta e utilizzando materiali riciclati, implementando progetti di economia circolare per la riduzione dei rifiuti.
I risultati di tali scelte sono stati finora molto incoraggianti, la qualità stessa del lavoro ne ha risentito positivamente.
L’attenzione alle persone si declina anche nella condivisione di valori come la trasparenza e l’onestà con clienti e fornitori, qualcosa che va oltre agli aspetti di business: per noi definire una strategia di sostenibilità è andata di pari passo con l’adozione di un codice di condotta etico. C’è una coscienza sociale che si è sviluppata e va costantemente alimentata, anche perché sono poi i clienti e gli utilizzatori che premiano i comportamenti di un’organizzazione.
Noi realizziamo soluzioni che abilitano il cambiamento e che guidano alla trasformazione digitale: nel farlo ci impegniamo a ottimizzare l’impatto che producono attorno a noi, a livello ambientale e sociale. Per questo fin dall’inizio del nostro operato abbiamo voluto porre attenzione ai vari ambiti che potevano incidere direttamente o indirettamente nelle attività di business, a partire, lo ribadisco, dalle persone, e quindi dal territorio dove operiamo.
Un business etico per uno sviluppo realmente sostenibile è fatto di tante scelte e di continui progressi, che ognuno di noi è chiamato a fare quotidianamente.
Vincenzo Carolla
Managing Partner