La proposta di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) verso una finanza sostenibile

La direttiva pubblicata dalla Commissione Europea vuole garantire che il report di sostenibilità includa una serie di misure che migliorino il flusso di capitali verso attività sostenibili, in tutta l'Unione Europea. L'obiettivo è quello di arrivare a un sistema economico e finanziario pienamente sostenibile e inclusivo.
CSRD

La sostenibilità e gli aspetti ambientali e climatici (riassumibili come “green”) stanno vivendo un momento di particolare successo.

Tutti noi, nella veste di consumatori, abbiamo potuto facilmente osservare come sia cambiata la comunicazione di molte aziende. La qualità e il prezzo di un prodotto sono quasi passati in secondo piano rispetto ai benefici ambientali del prodotto o alla capacità di riciclo dell’azienda. La maggiore caratteristica che il marketing oggi individua per un prodotto è la sostenibilità.

Il 2° Rapporto Censis-Assogestioni «Gli italiani e la finanza sostenibile, per andare oltre la pandemia», indica che per la maggioranza degli italiani investire in modo responsabile significa soprattutto tutelare l’ambiente: per il 52,1% il criterio ambientale si conferma come il più importante, mentre solo il 26,2% indica il sociale e il 21,7% la governance. Ancora più netta è la prospettiva dei consulenti finanziari: per il 90,7% l’ambito ESG più attrattivo per la clientela è quello ambientale. Il 63% degli italiani conosce gli strumenti ESG basati su criteri di investimento responsabile e il 52% li apprezza per l’impiego del proprio risparmio, ma temono il greenwashing: per l’84% servono regole condivise a livello europeo per identificare i prodotti finanziari green autentici.

Capitali verso una trasformazione ecologica

C’è sicuramente un aspetto molto positivo nell’aumento della sensibilità dei cittadini e dei consumatori, come pure nelle scelte delle imprese in merito ai temi dell’impatto ambientale. Un fenomeno di fondamentale importanza che consente di convogliare verso la transizione ecologica i capitali privati.
Il rischio più importante, che potrebbe in qualche modo limitare o distogliere l’impegno dei consumatori/investitori verso il “green”, come indicato dal 2° Rapporto Censis-Assogestioni, è proprio quello del greenwashing.

Per Wikipedia greenwashing è “un neologismo indicante la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente causati dalle proprie attività o dai propri prodotti”.

Non si tratta di un fenomeno nuovo, poiché già nel 1986 gli ambientalisti americani denunciarono come una pratica di greenwashing quella delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani, nascondendo in realtà una motivazione legata al risparmio economico (taglio nei costi di gestione).

Tra i casi più noti c’è quello della compagnia petrolifera Chevron, che sosteneva come i dipendenti della compagnia fossero impegnati attivamente nella tutela di orsi, farfalle, tartarughe.
In Italia c’è stato il caso delle “bottiglie di plastica” pubblicizzate come a “impatto zero” o “amica dell’ambiente” da parte di alcune aziende, poi multate per pubblicità ingannevole.

I fattori da considerare

La transizione da un’economia che dipende da combustibili fossili a un’economia a basse emissioni di carbonio è fortemente dipendente da 3 fattori:

  • i miglioramenti e le modifiche nelle politiche del settore pubblico;
  • l’innovazione e cambiamenti nell’accessibilità economica delle tecnologie esistenti;
  • il sentimento di investitori e consumatori verso un ambiente più verde.

Fattori assolutamente interdipendenti; in particolare la tutela del sentiment di investitori e consumatori è sicuramente un tema politico. C’è bisogno di regole certe, di standard applicati universalmente, di trasparenza, di ridurre gli ambiti in cui norme o regolamenti lascino spazi in cui qualcuno tragga profitti a scapito di altri.
Si parla infatti di arbitraggio regolamentare nei casi in cui investitori o istituzioni tentano di beneficiare di normative finanziarie incongruenti. Tali incoerenze possono nascere dalle modalità in cui le diverse società finanziarie sono regolamentate oppure da leggi contrastanti in più paesi.

Su questo versante c’è da sottolineare l’impegno dell’Europa, che ha messo in atto un passaggio  epocale della disciplina di mercato, che ha avuto un forte impulso nel 2020; si è passati da un modello di tipo “autoregolamentato”, nel quale ognuno propugnava la propria idea di sostenibilità, a uno scenario in cui l’intero settore finanziario (e non solo) è chiamato a misurarsi con le tematiche della sostenibilità, attraverso definizioni, terminologie e strumenti tassonomici di comune riferimento e standardizzati.

Sul tema è da segnalare l’iniziativa dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), che il 29 aprile scorso ha pubblicato la prima bozza di standard di rendicontazione di sostenibilità.

Gli standard richiederanno una rendicontazione aziendale dettagliata su un’ampia gamma di questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), oltre che garanzie sulle informazioni divulgate. Le nuove regole fanno parte della proposta europea di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che mira a rafforzare i requisiti di rendicontazione di sostenibilità, secondo le direttive del NFRD (Non-Financial Reporting Directive), che ha l’obiettivo di migliorare la responsabilità aziendale, nonché la qualità, la coerenza e la comparabilità delle informazioni divulgate.

La bozza di ESRS è aperta al pubblico commento fino all’8 agosto 2022. Parallelamente, il Parlamento europeo e il Consiglio stanno negoziando un testo legislativo finale per l’adozione del CSRD. Se le fasi di negoziazione termineranno entro il terzo o quarto trimestre del 2022, la Commissione europea potrebbe recepire l’ESRS aggiornato entro la fine del 2022. In questo caso le aziende dovranno applicare gli standard ai loro rapporti di sostenibilità 2023, che verranno poi pubblicati nel 2024, ma……  bisognerà iniziare da subito.

Franco Nardulli, Partner Imc Group

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