Lo scorso 10 ottobre è si è celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale 2023, instituita nel lontano 1992 dalla Federazione mondiale per la salute mentale (WFMH) e sostenuta anche dall’OMS. La giornata è un’occasione per ricordare che “La salute mentale è un diritto umano universale” e che serve aumentare la consapevolezza e ridurre lo stigma intorno a questo tipo di problematiche.
Tra i dati e le evidenze che in queste occasioni emergono, ci sono che quasi 1 miliardo di persone in tutto il mondo vive con un disturbo mentale e che il dato sta pericolosamente aumentato sotto gli effetti della pandemia, delle guerre, degli sfollamenti e persino dell’emergenza climatica, cui è possibile oramai attribuire quella che viene definita eco-ansia. Non sono per niente secondari, anzi cominciano ad avere dei connotati precisi, i disturbi collegati all’uso e dipendenza da dispositivi tecnologici, soprattutto nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni, come riporta lo studio AXA Mind Health che evidenzia come i nativi digitali siano più esposti a depressione, ansia solitudine, immagine corporea negativa e preoccupazioni per il futuro.
La salute mentale: da problema individuale a rischio aziendale
Nel panorama dei grandi rischi globali, il severo deterioramento delle condizioni mentali occupa una posizione importante. Al di là delle giuste preoccupazioni e riflessioni come comunità globale che questi dati ci impongono, c’è anche da considerare il risvolto aziendale del problema.
Proprio il già citato recente studio di AXA Mind Health ha esaminato il ruolo del luogo di lavoro, che può essere sia fonte di stress, in particolare quando i dipendenti sono mal pagati, hanno un lavoro insicuro o senza la giusta formazione; sia argine al disturbo mentale, quando i datori di lavoro promuovono la salute e il benessere della mente, un ambiente aperto, la flessibilità e la valorizzazione della persona. In quest’ultima situazione, lo studio dimostra che i dipendenti sono generalmente più produttivi e meno propensi ad abbandonare il lavoro: un aspetto importante per le aziende, vista l’attuale carenza di personale e i fenomeni come la great resignation.
Per le aziende, dunque, il fattore ‘salute e benessere mentale’ è un rischio importante di cui tener conto e che deve condurre a un aggiornamento di quelli che sono i tradizionali rischi per la salute e la sicurezza, finora considerati essenzialmente ai fini dell’incolumità fisica e psicologica indennizzabile, un campo nel quale ci sono pur state evoluzioni negli ultimi anni.
Per IMC Group questo tema ha una centrale importanza, tanto da averlo riportato alla dimensione della Governance come ‘benessere e crescita professionale delle persone’ nella nostra matrice di materialità. E’ quanto suggeriamo di fare anche ai nostri clienti.
Conoscere il rischio per prevenirlo
Se, come diceva un report US, una persona su 5 sperimenta disturbi di natura mentale, l’azienda, oggi, deve considerare come questo elemento di rischio possa avere impatto sulla propria operatività e performance, non solo in termini di indennizzi eventuali, ma in termini organizzativi. Saperlo, significa prevenire, cioè attuare, in anticipo, politiche e attività specifiche in grado di favorire il benessere psicologico dei dipendenti, evitando burnout, malattie e licenziamenti. Migliorando produttività e attrattività dell’azienda.
Vanno in soccorso delle aziende che vogliono promuovere il benessere delle persone in azienda, le soluzioni di molte startup tecnologiche, sostenute da ingenti investimenti da parte dei venture capitalist. Le soluzioni digitali, che si tratti di app o di piattaforme, hanno dimostrato un grandissimo potenziale nella capacità di modificare comportamenti, garantire aderenza a cure farmacologiche, stimolare la pratica sportiva, garantire l’accesso a professionisti del benessere mentale e molte altre cose.
Secondo Dealroom, piattaforma di analisi dei dati, tra il 2020 e la fine del 2022 i venture capital hanno investito quasi 2 miliardi di euro in startup che si occupano di salute mentale. Si tratta di una cifra quattro volte superiore a quella raccolta nei tre anni precedenti. Il mercato globale della salute mentale valeva ben 419 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede che supererà i 500 miliardi di dollari entro il 2028.
Nel 2023, sempre secondo secondo Dealroom, le startup healthtech (in cui ricadono quelle che si occupano di salute mentale) finora hanno raccolto 7,7 miliardi di dollari in finanziamenti, meno rispetto ai 12,5 miliardi di dollari raccolti nel 2022, ma il calo è di gran lunga inferiore in proporzione a quello del VC europeo nel suo complesso.
E ci sono segnali che indicano che il settore è in ulteriore crescita. Nel secondo trimestre dell’anno le startup hanno raccolto 1,5 miliardi di dollari, il miglior periodo di tre mesi dall’ultimo trimestre del 2021.
Tra le startup che hanno raccolto più capitali c’è la piattaforma italiana per terapeuti Unobravo, che ha raccolto 17 milioni di euro; e l’unicorno francese Alan che ha raccolto ben 183 milioni di euro. Molte delle startup che si occupano della salute mentale vendono i propri servizi proprio alle aziende. Ma non è sempre così immediata la loro introduzione nei processi aziendali, è necessario conoscere la situazione di partenza e introdurre degli indicatori di risultato.
Il primissimo passo che un’azienda deve fare in questa direzione è quindi conoscere la propria esposizione al rischio (salute e benessere mentale delle proprie persone), e introdurre questo tipo di variabile nel proprio sistema di GRC, aggiornando i propri sistemi o implementadone di nuovi.
La nostra azienda offre una consulenza tailor-made anche su questo tema, definendo il framework metodologico di riferimento dei rischi e dei controlli interni, digitalizzandone l’intero processo di gestione.
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