Il ruolo delle banche per i rischi legati al clima

BCE, banche centrali e istituti sul territorio, che ruolo possono avere nella risposta ai rischi climatici? Una breve analisi e alcune considerazioni
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Recentemente, la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di aumentare l’impegno nelle politiche per il contrasto al cambiamento climatico. La decisione è dovuta al crescente impatto della crisi ecologica sull’economia e sul sistema finanziario. Il ruolo delle banche rispetto ai rischi legati al clima si sta evolvendo?

In particolare, i lavori per il 2024 e il 2025 della BCE saranno articolati in tre aree: implicazioni della transizione verde, impatto fisico del cambiamento climatico e rischi connessi alla natura per l’economia e la stabilità del sistema finanziario.

“Un clima più caldo e il degrado del capitale naturale impongono una trasformazione della nostra economia e del nostro sistema finanziario. Dobbiamo comprendere questa trasformazione e stare al passo per continuare ad assolvere il nostro mandato”, ha dichiarato la Presidente della BCE Christine Lagarde.

Un rafforzamento, quindi, del ruolo che le istituzioni finanziarie devono avere rispetto alla grande sfida globale rappresentata dal cambiamento climatico. Già nel 2021, la BCE aveva presentato un piano di azione per rivedere le proprie strategie di politica monetaria alla luce di considerazione di tipo ambientale e per sostenere le politiche dell’Unione europea orientate a un cambio di passo in ambito green.

Stress test sui rischi climatici

Tra le azioni intraprese già da qualche tempo e oggi rafforzate, ce ne sono alcune che a cascata impattano su tutte le banche e istituti finanziari e, di conseguenza, sulle singole aziende del mercato, che sempre di più otterranno rating creditizi in base alle performance ESG.
Per esempio, la BCE sta elaborando nuovi indicatori sperimentali, per quanto riguarda l’analisi dei rischi connessi al cambiamento climatico, sta potenziando la sua capacità di valutazione del rischio anche attraverso ‘stress test’.

Lo stress test mette alla prova la capacità di tenuta di imprese e banche in una serie di possibili scenari climatici nei prossimi 30 anni per valutare poi da qui l’impatto a lungo termine.

Qui i risultati dello stress test europeo del 2023.

Non tutti pensano che gli sforzi della BCE siano sufficienti (qui una sintesi interessante), ritenendo le iniziative della BCE (e di altre banche centrali) troppo focalizzate sulla stabilità finanziaria a breve termine, mentre dovrebbero esercitare una influenza maggiore nelle questioni di giustizia climatica.

Dal nostro osservatorio, riteniamo che sia molto importante che il sistema bancario continui a lavorare sulla integrazione dei rischi climatici nella propria GRC e nei sistemi di valutazione delle aziende.

I rischi associati ai cambiamenti climatici, infatti, sono di genere diverso rispetto a tutti quelli fino a oggi considerati, e ancora poco compresi. Il cambiamento climatico si verifica su lunghi orizzonti temporali e con numerose variabili di incertezza. I Report dell’IPCC sono molto eloquenti a riguardo.

Definizione dei rischi climatici

I rischi climatici che hanno impatto su imprese e banche, sono stati suddivisi dalla BCE in due categorie principali:

  • rischio fisico, che riguarda i danni subiti dalle imprese situate in zone a rischio, a causa di eventi climatici estremi. Calamità naturali di vario genere possono portare alle aziende danni diretti e interruzioni dei processi produttivi, con conseguenti fallimenti delle imprese situate in queste zone. I rischi fisici variano da regione a regione. L’Europa meridionale è più esposta a stress termici e incendi, mentre l’Europa centrale e settentrionale sono più esposte a inondazioni;
  • rischio di transizione. Il processo di decarbonizzazione potrebbe influire negativamente su alcuni settori energivori e a elevata produzione di CO2 (industria mineraria, cementiera e siderurgica). Aliquote fiscali più elevate sulle emissioni di carbonio potrebbero, ad esempio, aumentare i costi di produzione e abbassare la redditività in questi settori.

Ovviamente, si tratta di rischi interconnessi e in un certo senso ‘inversamente proporzionali’: un maggiore rischio di transizione (dovuto a più stringenti strategie di decarbonizzazione) riduce i rischi fisici.

Entrambi i rischi sono presi in considerazione negli stress test in quanto incidono sulla stabilità finanziaria nella misura in cui compromettono la solidità e la capacità di stare sul mercato delle imprese. La BCE lo scorso luglio ha pubblicato i risultati della prova di stress 2023, in base ai quali il settore bancario dell’area dell’euro sarebbe in grado di fronteggiare una grave recessione economica.

Alluvione in Emilia Romagna

Oltre la stabilità finanziaria, il ruolo della banca

Passando dal livello delle banche centrali a quello degli istituti finanziari capillarmente presenti sul territorio, che dialogano direttamente con clienti privati e aziende, il ruolo nella crisi climatica cambia parecchio. Ecco tre cose che potrebbero fare.

  • Guidare il cambiamento. Come si è già visto con la trasformazione digitale, spesso le banche sono state lente nell’aprirsi all’innovazione, a nuovi processi e modelli di business. Con la sostenibilità non è possibile commettere gli stessi errori, la trasformazione deve essere molto più rapida. Nei territori di riferimento le banche possono fare di necessità virtù e fungere da educatori e promotori di un cambiamento autentico verso la sostenibilità delle imprese clienti e di tutti gli stakeholder. Serve un cambio di passo, nuove competenze, nuovi modelli di dialogo con il territorio.
  • Finanza sostenibile. La finanza sostenibile si è affermata come un pilastro chiave nell’ecosistema finanziario globale: oltre 30 trilioni di dollari sono gestiti a livello globale secondo criteri ESG. Di conseguenza le banche stanno incorporando criteri ESG nelle loro valutazioni di rischio, ampliano l’offerta di prodotti sostenibili, come i green bond, ed offrono consulenza per aiutare clienti e investitori a indirizzarsi sugli investimenti sostenibili.
  • Sviluppare strumenti di raccolta dati. Le banche hanno potenziale accesso a molti dati relativi ai propri clienti che potrebbero avere molto valore per la misurazione dei fattori ESG e delle relazioni nelle filiere e supply chain, se opportunamente valorizzate attraverso analytics e algoritmi. Un nuovo servizio a valore aggiunto di ‘sostenibilità data-driven’.

Non ultimo il fattore umano: il tema ESG è oggi per la maggior parte delle imprese PMI qualcosa di sconosciuto o, diametralmente, una preoccupazione che non sanno bene come affrontare. La relazione umana e in presenza che ancora oggi è alla base del rapporto banca-cliente (imprenditore) in molti territori italiani, può essere incanalata al servizio della sostenibilità.

(Foto di Annie Spratt su Unsplash)

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